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Giulia Cellini exhibition

Mostra di Giulia Cellini  dal 9 al 18 Luglio 2021
Vernissage il venerdì 9 luglio dalle 18 in poi.

“Guardo qui, sono in paradiso.
Ho cicatrici che non si vedono.
Ho il mio dramma, nessuno me lo può togliere.
Tutti mi conoscono, adesso”.
(David Bowie, Lazarus)

Nata a Udine, vive e lavora a Treviso. Il suo apprendistato dura,
come lei stessa asserisce, tutta una vita.. Si diploma al liceo artistico
dove trova spazio la sua creatività. Successivamente si laurea in
architettura allo IUAV e nello stesso tempo si avvicina al mondo del
teatro di figura applicando tutte le discipline conosciute quali musica
pittura e architettura.

E’ stato fatale l’ incontro con Giulia Gellini, uno stravolgimento
inaspettato per un’attesa inevitabile, evocata da un richiamo
improvviso, che può essere riconciliata
solo se compi un “viaggio” nella gnoseologica comprensione delle
“sue creature”, ingenerato dallo straripamento autentico e irripetibile
del suo raccontarsi, urlando.
Entri, e la luce ti sommerge, come in una cattedrale maestosa,
sdradicata dalle profondità oscure del vissuto. Qui, la luce è uno
strumento di dialogo, che filtra incessante tra frammenti espressivi di
colori potenti e ipnotici. Soffermiamoci ora, catturati dalla forza
espressiva del colore, identifichiamoci nel tratto pittorico tra gli spazi
rinchiusi da filamenti sinuosi, che catturano e proteggono.
Ascoltiamo gli archetipi sensazionali del suo pensiero primordiale,
svelato dalla resa d’ improvvisazioni cromatiche , come apparizioni di
magici bagliori. Nel silenzio accogliamo e apriamo sommessamente
le labbra, per sostenere una musicalità essenziale alla visione e
all’animo, dove i riverberi policromi del blu cobalto e rosso scarlatto,
decantano e sedimentano le forti emozioni, che resteranno nel
nostro essere più intimo. Ed ecco, che la mente istintiva risveglia
immagini olografiche luminescenti, l’animo puro così rigenerato dai
raggi filtranti, genera risonanze mutanti di tacito inconscio, spazi che
si aprono a infinite forme geometriche, per creare luoghi di veglia
onirici.

L’iniziazione teologica “gelliniana”, racchiude un’intuitiva narrazione: i
suoi quadri sono la sua anima resa manifesta come in un
susseguirsi liturgico, in cui l’artista, attraverso l’esigenza di rivelare
dolenti verità, intraprende una ricerca metafisica della realtà
smembrata, dove non si accontenta di coglierne l’ interezza, ma
concentra il suo fare artistico sull’ assoluta necessità di svelare ogni
apparenza, Qui trattiene sempre la sua storia “interna” , ma sono
quei fili conduttori estensioni del suo corpo, che aprendosi a
ventaglio in lunghezze e tensioni, ricevono ed emettono frequenze
armoniche, che possono essere rintracciate in frammenti solitari,
essenza di un intimo gioco.

Abbiamo incontrato le creature di Giulia come se fosse scritto che
dovesse essere, dovesse capitare. Per quel, “nulla accade per
caso”. L’impatto è stato ipnotico e imprigionante. Le opere di Giulia
nascono dal suo grembo e escono passando dalla sua anima. Da li
escono schegge di bellezza insolita, avvolgente non sarebbe
l’espressione giusta, perché sono pervasive, invadenti. Ti colpiscono
in vario modo perché non sempre il suo intimo desidera essere
disponibile a ciò che tu pensi: a volte ti assecondano, prendendoti
per mano, a volte letteralmente ti prendono a sberle. Giulia ha un
grembo cromatico e musicale e la sua anima è nata priva di filtri
ottundenti o anche solo attenuanti. Non si può di fronte a una sua
creatura, come le chiama lei, non accorgersi che uno tsunami ti sta
arrivando addosso. E tu resti li, stupito, senza poterti scansare o
scappare, a prenderti in faccia quelle onde di sensazioni che vanno
direttamente a infrangersi verso la tua emozione. O in assonanza o
in dissonanza. Ma in modo inevitabile.

Giulia parla nelle sue opere continuamente a se stessa. Le chiama
sue creature e ha un dialogo continuo. Quelle del passato hanno il
dono dell’arte della maieutica per il presente e per spiragli di futuro.
In questa sua stanza dell’intimo, di questo suo intimo che le
appartiene, che appartiene solo a lei, c’è una crepa nel muro. Chi
occasionalmente ci si trova accanto a quella crepa, oppure ha avuto
in dono il conoscerne l’esistenza, vi porge l’orecchio e ascolta.
Sussurri, respiri, ansimi, grida e urla. Dalla crepa, a ben vedere, si
scorge un barbaglio di luce e accostando l’occhio e osservando
attentamente, si possono scorgere anche immagini distorte e
sfuocate di vita passata. A quel punto chi ha il possesso comune di
sensibilità, si emoziona in vario modo. Ma non ci si deve fermar li. Si
può andar oltre. Perché da quella crepa sgorga la necessità di
pensare. Il pensiero che Giulia ti obbliga ad avere, ed è il suo dono,
è pregnante e denso di contenuti e spazia nelle stanze del suo
intimo vissuto e della sua percezione etica e del giusto. Spesso son
cicatrici sonore che suggeriscono l’ingiustizia e il dolore che troppo
spesso ci viene ingiustamente e in modo gratuito inflitto.

Maria Libera Amato

Luigi Mazzardo